1949: La Freccia Rossa della bontà
Nell’estate del 1949 l’Italia e l’Europa erano ancora devastate dalla guerra, dalla distruzione delle città e dall’odio tra i popoli. Il Rovermoot organizzato in Norvegia fu un primo momento di fratellanza e riconciliazione tra giovani che sino a poco tempo prima si erano trovati a spararsi addosso tra una frontiera e l’altra.
In Italia lo scautismo, benché vietato dal Fascismo, era sopravvissuto grazie al coraggio e all’audacia di alcuni scout che avevano continuato le attività in clandestinità. Tra di loro sono celebri le Aquile Randagie che avevano eletto la Val Codera come terreno per i loro campi estivi. Grazie a loro e all’organizzazione OSCAR che avevano segretamente costituito, si poterono salvare molti perseguitati tra i quali molti ebrei.
Questo gruppo di valorosi, guidati da personalità leggendarie come Baden (Don Andrea Ghetti), Vittorio Ghetti e Michel Du Bot, decisero di partire per raggiungere il Rovermoot.
Grazie ad un accordo con la Moto Guzzi ottennero in prestito 25 Guzzini, delle moto che erano poco più che delle biciclette, e partendo dal cortile della Rocchetta, nel Castello Sforzesco di Milano, raggiunsero con un viaggio complessivo A/R di 8000 Km, la località norvegese di Skjak, a Capo Nord.
La loro impresa fu talmente memorabile che se ne conserva ancora ricordo in Norvegia e da lì è giunta oggi la proposta di ripetere l’impresa.
Dal Diario della Freccia Rossa 1949
Un membro del Clan in una sosta disse, ridendo: l’anno prossimo al campo estivo invece di far muovere le gambe, faremo muovere delle ruote. La frase, buttata là, ha avuto effetto dirompente per il clan. C’erano diversi aspetti favorevoli alla sua realizzazione. C’è stato, per cominciare, il progetto di assicurare al Rover-Moot in Norvegia (il primo del dopoguerra) la presenza del Roverismo italiano.
Nel corso della ritirata dalla Russia, inoltre, don Gnocchi aveva promesso ai moribondi soldati italiani (erano migliaia) di accudire le loro famiglie. L’obiettivo si è poi concentrato sui figli dei caduti, con particolare riguardo ai bambini mutilati dai bombardamenti e dalle bombe antiuomo nascoste nei prati.
Non era questa un’impresa entusiasmante per la Rocchetta, di affiancarci cioè con questo obiettivo a don Gnocchi? Non si poteva pensare attraverso questo intervento di aiuto, un messaggio di pace e di amore dopo tanto sangue e tanto odio? A prescindere dai giovani indenni si è calcolato che in Europa fossero più di 4.000.000 i bambini e i giovani innocenti portatori di mutilazioni da esplosione. Chi si sarebbe occupato di loro? Come stimolare le motivazioni? Come istituire centri e sedi di rieducazione? Come formare i rieducatori?
Un clan rover, la Rocchetta, ha inserito nel proprio programma per il 1949 questi problemi scegliendo come strumento di realizzazione la Freccia Rossa. Il progetto è stato studiato secondo i principi del metodo scout e cioè compiere prima un’esperienza (realizzare nel nostro caso la Freccia Rossa) e riflettere poi in termini di valori il senso dell’impresa vista soprattutto come strumento di crescita.
Come ogni impresa degna di questo nome il progetto si è strutturato in tre fasi. In questa prima parte ci occuperemo solo della programmazione che sarà seguita dalla storia della realizzazione e dalla verifica.
I dati più grossolani, in cifre sono i seguenti:
25 rover (inclusi 6 rappresentanti di altri clan)
Moto Guzzi (Guzzino): cilindrata 60 cm, velocità massima a tutto gas: 57 km all’ora.
Percorso : 8.200 km. Questo itinerario di pace comprendeva Milano, Sempione, Briga, Losanna Digione, Parigi, Bruxelles, Rotterdam, Brema, Amburgo, Stagelse, Malmo, Goteborg, Oslo, Ringebu, Skjak, Circolo Polare Artico (sede del Rover Moot) e ritorno.
La preparazione operativa è cominciata nel gennaio 1949.
Decisa la motocicletta come mezzo di locomozione restava il come scegliere il modello ed il donatore. Qui ci hanno aiutato sia il momento di lancio del Guzzino che trovava nel percorso attraverso l’Europa verso il Circolo Polare artico un eccellente argomento di marketing, sia la comprensione dei Dirigenti della Moto Guzzi per lo spirito dell’impresa.
Assicurati i motorini, occorreva conoscerli, saperli guidare e riparare. Ciò ha significato 4.000 chilometri percorsi in Lombardia, anche per illustrare nei principali centri della regione scopi, mezzi, itinerari, motivazioni ideali e per raccogliere risorse finanziarie. E’ stato un duro addestramento, fatto con qualsiasi tempo: pioggia, vento, di giorno e di notte. Non ci siamo mai fermati. E’ seguito l’addestramento sul mezzo: cambiare le candele, pulire il carburatore, riparare le forature, travasare la miscela nei Guzzini a secco, ecc..
Ogni partecipante aveva un compito: c’era il meccanico, l’addetto alla posta, alla logistica, al percorso, c’era il guardiano del tempo, il responsabile del cerimoniale, il custode dei documenti, il cassiere. Cito a parte quello del segretario per l’imponenza dei suoi compiti: centinaia di lettere e attestazioni al giorno, lettere da ambasciate e consolati, informazioni sui posti di rifornimento di viveri e di miscela, comitati di accoglienza e di presentazione; segnalazioni di terreni per campeggio, posti di ristoro, alloggi.
Tutti sembravano progressivamente capire il nostro messaggio di pace e di amore: la stampa di tutti i paesi attraversati si è gradualmente aperta, rendendo così relativamente facili gli incontri con le autorità locali e con esponenti di movimenti giovanili aventi analoghe finalità.
Così il 17 luglio 1949 la Freccia Rossa si è mossa nel solco aperto tra le massime autorità cittadine e scout, tra amici di altri gruppi e tra gli auguri festanti di tanti scout lombardi.
Meta del percorso iniziato il Circolo Polare.